I VALORI DELL'ANTICHITÀ' CLASSICA
- Glauco Nespeca
- 18 dic 2015
- Tempo di lettura: 17 min
Aggiornamento: 25 ott 2023
MOS MAIORUM
Il termine mos, plurale
mores, i costumi, indicava in genere i mos maiorum o mores maiorum, cioè i costumi degli antenati, che
permeavano tutta la gloriosa tradizione romana. All'inizio infatti, nell'età protostorica, le fonti dei mores era il
comportamento dei patres, i quali erano i genii all'interno della famiglia dove i più anziani erano i sacerdoti.
Come scrisse Festo:
« Il costume è l'usanza dei padri, ossia la memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie
dell'antichità. » Dunque i mores erano le credenze e le cerimonie che univano un popolo, ma anche i cosiddetti
valori della romanità, attinenti soprattutto al periodo regio.
Secondo Gaio e Sesto Pomponio i mores erano gli usi e i costumi delle tribù che si unirono e formarono Roma,
insomma dei modelli di comportamento pertinenti alle familiae e successivamente, dalla metà dell' VIII sec. a.c.
alle gentes, sempre rispettando le decisioni dei sacerdoti. Questi mores furono raccolti dai sacerdoti stessi,
tramandandoli oralmente, o attraverso archivi segreti.
Dionigi d'Alicarnasso scrive che le prime leggi scritte furono opera di Romolo, perchè fino ad allora erano i
sacerdoti o i capi tribù a far rispettare la tradizione orale. Sesto Pomponio scrisse che con i primi re iniziarono
comunque le norme scritte dando luogo alle prime leggi, promulgate, come riferiscono anche Plutarco e
Cicerone, dai re, o dal Pontefice o da entrambi unitamente. Che i re desiderassero garantire il popolo con leggi
scritte fu un grande passo di civiltà, in un mondo dove i re, i capitribù e i padri di famiglia erano i dittatori
assoluti del loro ambito.
Secondo alcuni il primo libro di norme fu il "Liber Numae" di Numa Pompilio, non pervenuto, e i "Libris
Pontificalis", non si sa se fossero un'opera a parte o una sezione del Liber, ma si sa che raccoglievano le
norme di Romolo e quelle di Numa Pompilio nonchè i riti sacerdotali derivati dai mores.
Poi ci fu il "Commentarius" di Servio Tullio e più tardi i "Libris Sibyllinis", soprattutto a base di rituali, che
ricevette Tarquinio il Superbo dalla Sibilla, tutti comunque scomparsi per l'incendio di Roma nel 390 a.c. ad
opera dei Galli di Brenno. Comunque, sia le pratiche tradizionali che i rituali arcaici risalivano alle consuetudini
collettive.
Mentre i mores identificano i costumi e usanze divengono contemporaneamente strumenti portatori di valori
assumendo una caratteristica di ideologia, soprattutto nell'età imperiale, rappresentando non singoli costumi daseguire ma un esempio di virtù che si devono avere per far del bene alla comunità romana.
A questo propositoil fondamento dei mores maiorum era basato su cinque virtù fondamentali: fides, pietas, majestas, vistus egravitas.
FIDES
La fedeltà, la lealtà, la fede, la fiducia e reciprocità tra i cittadini, ma pure verità, l'onestà ed affidabilità. Il poter
confidare sulla parola data, senza contratti nè testimoni.
Dalla fides derivò la "bonae fidei" ( "in buona fede" che diventò termine giuridico) o "fidem habere" ( "per
essere credibili", oppure "avere fiducia"). Nel diritto romano, fides è stato estremamente importante, poichè,
come in tutte le culture antiche, i contratti verbali erano frequentissimi nella vita quotidiana romana, e così la
buona fede permetteva transazioni commerciali fatte con maggior fiducia, ma la fides si riscontra anche nel
rapporto tra patronus e cliens o tra coniugi, ecc. Se questa buona fede viene tradita, la persona offesa
potrebbe intentare una causa contro l'altra che non ha rispettato la buona fede.
Fides fu un culto molto antico, il primo tempio in suo onore risalì a Numa Pompilio, nella città di Roma. Era la
Dea della buona fede e presiedeva ai contratti verbali, descritta come una vecchia donna, ma rappresentata
sempre come giovane, di età superiore a Giove, evidentemente una Dea preesistente. Il suo tempio è datato
intorno al 254 a.c. e si trova sul colle Capitolino di Roma, vicino al Tempio di Giove.
Livio narra che i suoi rituali venivano effettuati dai flamines maiores, che erano i sacerdoti più importanti, dopo
il Pontefice. Questi sacerdoti ponevano Fides in un carro trainato da una coppia di cavalli per celebrarla in
processione nella sua festa.
Si riteneva che la Fides abitasse nella mano destra di un uomo, la mano dei giuramenti, rappresentata durante
l'Impero Romano sulle monete con un paio di mani coperte, a simboleggiare la credibilità delle legioni e
dell'imperatore. Da lì nascerà il giuramento nei vari tribunali del mondo civile antico e moderno imponendo la
mano destra su un libro, civile o sacro secondo i casi.
Augusto ne celebrò la Fides Augusta, perchè in Augusto e il suo governo si poteva aver fede.
PIETAS
La pietà, la devozione, il patriottismo, la protezione e il rispetto. Pietas non è l'equivalente del moderno derivato
"pietà". La Pietas era l'atteggiamento romano del dovuto rispetto verso gli Dei, la patria, i genitori, i parenti,
famigli e schiavi. All'inizio riguardava la famiglia e la fiducia e rispetto tra coniugi poi la concezione del rapporto
si estese tra uomo e divinità, un senso di dovere morale nell'osservanza dei riti (il cultus) e nel rispetto agli Dei.
Secondo Cicerone, "pietas è la giustizia verso gli dei," e, come tale, richiede un'accurata osservazione dei
rituali per il sacrificio e una corretta esecuzione, ma anche la devozione e rettitudine interiore della persona.
Alla Dea, come narra Livio, venne dedicato un tempio nel 181 a.c.
Sempre seguendo la Pietas, Giulio Cesare dedicò nel 48 a.c., dopo la battaglia di Farsalo, un tempio a Venere
Genetrice, madre di Enea antenato dei Julii (gens di Giulio Cesare). Augusto, dopo la morte di Marco Antonio
e Marco Emilio Lepido fece edificare un tempio a Cesare, per onorare il suo padre adottivo.
Così alcuni romani, in qualità di pii cittadini, adottarono il cognomen Pio. L'imperatore Antonino Pio ricevette
questa aggiunta al suo nome per aver convinto gli anziani del Senato a divinizzare il suo padre adottivo,
l'imperatore Adriano, e per la pietas mostrata verso il padre naturale.
Come gli altri concetti astratti della cultura romana, pietas apparso spesso in forma umana, una donna talvolta
accompagnata da una cicogna. Venne adottata da Augusto come pietas Augusta in nome della sua pietas,
come si può vedere sulle monete del periodo. Però Cicerone, nel "De Inventione", illustra la pietas più alta,
quella del rispetto del cittadino nei confronti dello stato che nel "De republica" definisce la pietas maxima. Con
Virgilio, nell'Eneide, la pietas viene a identificarsi con l'humanitas e la misericordia e si trasforma da rispetto
per i consanguinei a pietà per la sofferenza altrui.
MAJESTAS
La Majestas sta ad indicare nella Roma antica la dignità dello stato come rappresentante del popolo. Proprio
questa rappresentanza da parte prima delle istituzioni repubblicane poi dall'impero ha fatto sì che l'imperatore
stesso fosse investito di questa majestas come rappresentante del popolo.
Da qui il reato di laesa majestatis ovvero crimine verso lo stato per coloro che deturpavano le opere pubbliche,
o nei confronti dell'imperatore o del senato romano rappresentanti la majestas e le punizioni potevano essere
severe perchè il crimine veniva visto come lesione all'intera comunità che l'imperatore e il senato o gli organi
del governo romano rappresentavano. Majestas ha anche il significato della grandezza di un popolo, cioè
l'essere fieri di essere un appartenente al popolo romano, come il miglior popolo che è superiore e migliore
rispetto agli altri popoli per civiltà, cultura e costumi.
VIRTUS
Virtus deriva dal termine latino vir, uomo, e comprende ciò che costituiva l'ideale del vero maschio romano. Il
poeta Gaio Lucilio sostiene che è virtus per un uomo sapere ciò che è bene, il male, inutile, vergognoso, o
disonorevole. In origine designava il valore in battaglia dell'eroe e del guerriero, poi si estese ad altre attività.
La virtus è tale solo se non è messa al servizio di mire personali come la ricerca del potere ma per l'interesse
della comunità romana. La virtus si trasmetteva di padre in figlio e i discendenti di uomini con virtus avevano
l'obbligo di seguire le orme dei propri padri e dimostrare essi stessi di avere virtus. Poi a partire dal I sec. a.c. si
avrà la concezione che la virtus non è una virtù ereditaria ma anche un civis novum può ottenerla con le sue
gesta e superare le gesta degli antenati.
GRAVITAS
Da non confondersi con la parola moderna gravità, tutte le regole di condotta del romano tradizionale: rispetto
per la tradizione, la serietà, la dignità, l'autorità e l'auto-controllo. Di fronte alle avversità, una "buon" romano
deve essere imperturbabile, come Gaio Mucio Scevola che, minacciato di tortura da re Porsenna se non
rispondeva alle sue domande su Roma, pose la mano destra sul fuoco con grande gravitas, si che il re colpito
da tanto valore rinunciò al dominio di Roma. Questo contegno vale per il periodo arcaico e in parte
repubblicano. Invece per l'età imperiale la gravitas appare molto meno negli scritti e dove se ne parla il
concetto è cambiato, configurandosi come gentilezza, cortesia e disponibilità. Qualcuno vi vede una sorta di
cortigianeria, ma gli imperatori intelligenti sapevano riconoscere gli amici dai servili, di certo Mecenate ad
esempio non fu un cortigiano di Augusto ma un suo buon amico.
ALTRI VALORI DELLA ROMANITA'
Oltre ai valori fondamentali dei mores gli imperatori con le loro decisioni stabilivano quali erano i valori da
rispettare per una comunità migliore. Dall'altra però anche gli autori latini: retori, storici, eruditi, giuristi, ecc.
dicevano la loro su quali valori e buoni costumi basandosi molto sulla tradizione e i periodi precedenti senza
trascurare le innovazioni. Il bonus civis ebbe perciò tantissimi altri valori oltre ai consueti:
DIGNITAS
La dignitas è la dignità e la situazione
economica sufficientemente decente
che danno prestigio al cittadino romano.
Questo riguarda il rispetto degli altri in
senso esterno e non interno come
l'auctoritas. Dignitas è uno dei risultati
finali volti a visualizzare i valori
dell'ideale romano e il servizio dello
Stato nelle forme di primato, posizione
militare e magistrature. Dignitas è il
valore di reputazione, onore e stima.
Così, un romano che mostrasse loro
Gravitas, Constantia, Fides, Pietas e
altri valori, sarebbe diventato un romano
in possesso di Dignitas tra i loro
coetanei. Allo stesso modo, attraverso
questo percorso, un romano potrebbe
guadagnare auctoritas, cioè prestigio e
rispetto.
AUCTORITAS
L'Auctoritas è il valore del prestigio e
della fiducia che gli altri accordano a un
uomo, all'inizio collegato alla religione
significava far accrescere, aiutare altri.
In un secondo periodo divenne un
valore laico, come l'affidabilità,
l'ascendente cioè la sua capacità di
influenzare gli altri, soprattutto in ambito oratorio. Questo secondo stato consiste in un equilibrio tra potere
politico e prestigio sociale.
Cicerone, invece la considera un insieme di Dignitas e Virtus. L'Auctoritas in questo caso è una forma altissima
di potere che non si ricollega necessariamente al potere politico ma esercita il comando tramite la forza di
persuasione grazie al proprio carisma. L'Auctoritas implica una serie di diritti e doveri da chi ne è insignito
come l'attribuire cariche pubbliche o tenere fede agli impegni presi. La figura che storicamente se ne avvicina
è Ottaviano Augusto dove l'imperatore non esercita la sua autorità per i poteri che ha ma sa dar un ordine
senza imporlo convincendo i propri sottoposti e avendo rispetto per le istituzioni pubbliche.
GLORIA
La Gloria è la fama che si ottiene dopo aver fatto azioni valorose, perciò strettamente collegata alla virtus, per
non essere inferiore agli antenati. Elemento che caratterizza la società aristocratica all'inizio ma poi anche il
civis novum. Si può anche esprimere come riconoscimento e lode da parte della comunità. Anche la Gloria in
un primo momento viene ritenuta trasmittibile di padre in figlio e solo successivamente ritenuta da conquistarsi
con le proprie gesta.
URBANITAS e RUSTICITAS
Urbanitas indica il buon gusto e lo spirito naturali privi di eccessi dell'uomo elegante e a modo. Al contrario la
rusticitas indica maleducazione, ignoranza, mancanza di rispetto e di finezza. Con l'influenza greca nascono la
raffinatezza, la cultura, la sottigliezza, l'argomentazione, il sofismo, l'eleganza e pure il lusso, in
contrapposizione alla Rusticitas e all'Industia, ovvero chi si accontentava della vita semplice rustica della
campagna dedita al lavoro. Queste due tendenze trovarono poi la giusta soluzione, ad esempio in Orazio che
apprezza di tutto ridicolizzando però le estremizzazioni, in fondo è il principio della continentia: fare di tutto ma
senza eccessi.
HUMANITAS
Humanitas è il valore che ci contraddistingue dagli animali e dalle belve feroci e agli esseri primitivi ovvero il
valore della comprensione, della benevolenza, della cultura, del buon gusto e dell'eleganza. Humanitas relativo
non al ruolo di cittadino o militare ma della persona in se stessa. l'Humanitas a un certo punto si fa però
sempre più elitaria ovvero riguardante i ceti aristocratici che con la loro educazione superiore tentano di
affinarla in disponibilità, indulgenza, mitezza, dolcezza, moderazione. Nel periodo imperiale questo valore si
disgiunge dall'educazione superiore cessando di appartenere solo agli aristocratici, diventa invece affidabilità,
gentilezza e buon carattere senza implicare l'educazione scolastica.
CLEMENTIA
La Clementia è il valore della clemenza cioè moderare l'animo nei confronti dello sconfitto senza esercitare
vendetta, oppure la pietà del superiore che lenisce le pene dell'inferiore. È correlata alla Benevolentia o
Magnitudo animi. È il comportamento di un uomo di potere in una determinata situazione, che non si fa
dominare dall'ira e dalla crudeltà ma dalla benevolenza, rapporto per esempio del buon paterfamilias nei
confronti dei figli alieni iuris o del buon romano verso i vinti.
Il campione di Clementia fu Cesare, seguito nell'esempio, ma non sempre con lo stesso successo, da Augusto.
Molti scrissero che la clementia di Cesare fosse in realtà una strategia di potere, e in effetti lo era, Cesare era
molto intelligente e capiva che la durezza provocava odio e ulteriore conflitto, tanto più che sui vinti c'era stata
l'abitudine alla inflessibilità. Cesare perdonava i vinti e i nemici che si arrendevano a lui, il che facilitava molto
la resa. Tuttavia sappiamo che chi è crudele trova mille scuse per esercitare la sua crudeltà, gli piace
esercitarla e non può farne a meno. Solo chi ha la clemenza dentro può esercitarla fuori.
Tuttavia Cicerone precisa che bisogna essere clementi contro chi si arrende e si sottomette, ma spietati con
chi invece si ribella: gli hostes. Questa è una caratteristica dei Romani nei confronti delle popolazioni vinte
soprattutto quando l'impero si estenderà in maggior misura concedendo anche agli stranieri posizioni di rilievo
nella politica romana. Quindi grande accoglienza e possibilità a chi si arrende e si romanizza, distruzione a chi
si oppone.
PAX
Esistevano all'epoca romana due valori inerenti alla Pax: la Pax animi ovvero la serenità e tranquillità del
singolo individuo e la Pax dello stato. Questo secondo valore inerente allo stato viene messo in rilevanza solo
a partire dall'età augustea poiché dalla pax deriva il benessere e il buon sviluppo dello stato. Da qui viene a
configurarsi come valore poiché dalla pax deriva l'impero e la situazione di sicurezza del singolo cittadino che
non si vede più minacciato da guerre e può vivere serenamente. Già Cesare aveva dedicato templi alla
Dea Pace nel 49 a.c. poiché si era reso conto dell'importanza per un popolo essere in pace, questa via fu poi
proseguita da Augusto che ne incrementò il culto a Roma con l'Ara Pacis, un altare dedicato alla Dea Pace alla
fine delle campagne militari in Spagna, naturalmente creandone la Pax Augusta.
L' imperatore Vespasiano farà poi costruire il Tempio della Pace, ma anche precedentemente nell'età regia la
pace assumeva una certa rilevanza, lo stesso Numa Pompilio voleva che il tempio di Giano fosse aperto in
periodo di guerra e chiuso in quello di pace. Molti poeti insisterono sulla pace come portatrice di fertilità e
benessere.
AMICITIA
L'Amicitia nell'idealistica romana non intende semplicemente il concetto di amicizia tra singoli individui ma
anche il legame di alleanza tra due nazioni, o il rapporto tra patronus e cliens. L'amicitia persegue e protegge
comuni interessi. Il termine si avvicina anche al nostro soprattutto nel II sec. d.c. collegato ad amicus e ad
amor. Lo stesso cliente del patronus veniva definito amico anche se c'era una differenza di trattamento tra
clienti più intimi e quelli considerati diciamo meno amici, in realtà chiamare amicus il cliens era semplicemente
un fenomeno di cortesia poteva chiedere o imporre di essere salutato con gli onori del caso.
OTIUM
Se per il modello di cittadino arcaico l'Otium significava assenza di occupazione mentre il cittadino-soldato
ideale alla Coriolano o coltivava o guerreggiava, in età repubblicana viene a identificarsi con Cicerone con la
colpevole mancanza di attività. Con l'influenza greca però si vede invece l'otium come riposo dalle attività
quotidiane nei confronti dello stato ma attività di studio intellettuale, da cui nasce poi lo sforzo di Cicerone di
vedere l'otium come attività positiva seppure con delle differenze da quello greco. Infatti nel caso romano non è
tanto la tranquillità dell'esistenza privata dedicata a letteratura e filosofia, ma anche, nello stesso Cicerone,
attività politica volta a migliorare la città. Nella tarda repubblica così si individuano due otium: otium luxuriosum
dedito a occupazioni di nessuna utilità o vergognose e otium tranquillum sereno e imperturbato del saggio che
lavora intellettualmente.
SIMPLICITAS
È il concetto di vivere secondo le origini in maniera semplice tipico dell'età arcaica, nell'età repubblicana
assumerà un notevole valore ma pure rischioso, poiché espone il soggetto a non valutare i pericoli soprattutto
in età imperiale, piena di giochi di potere e di personaggi ipocriti come afferma Seneca. Così nell'età imperiale
il valore della simplicitas assume il valore di atteggiamento spontaneo, ma senza esagerare nel lassismo, se
non si vuole incorrere nel biasimo e nel disprezzo. Lo stesso Marziale parla di prudens simplicitas poiché non è
più adatto ai tempi imperiali pieni di doppi giochi.
AMBITIOSA MORTE
Sarebbe il valore del suicidio poiché i romani lo consideravano una forma di morte nobile da preferire a una
vita vissuta senza dignità. È un gesto molto rilevante sia politicamente che pubblicamente che trova molta
approvazione nella cultura romana. Nel periodo imperiale diventa anche eroismo, come il suicidio
di Petronio che muore discutendo con gli amici quasi si stesse addormentando, oppure ancora il suicidio
di Seneca, ma ce ne sono molti altri.
ABSTINENTIA
Disinteresse, onestà, integrità morale. Designa l’atteggiamento disinteressato, specialmente
dell’amministratore nei confronti della cosa pubblica. Dunque astenersi dal compromesso e dalla corruzione,
astenersi in genere dall'abuso del potere.
AEQUITAS
È il sentimento che ispira l'eguaglianza e la
giustizia soprattutto in ambito giuridico, diversi
esempi ne fa Ulpiano descrivendo la vera
giustizia.
BENIGNITAS
Bontà, benevolenza. compassione, correlato
sia con l'Humanitas sia con la Clementia.
CONCORDIA
Concordia, accordo, armonia all'inizio
considerata all'infuori della sfera politica ma
poi con l'influsso greco viene ad assumere
importanza sia per la sfera politica che
filosofica.
CONSILIUM
Saggezza, ponderazione, capacità riflessiva,
capacità di deliberare. La parola, ricca di
implicazioni, appare come uno dei valori della
più antica latinità, e indica la riflessione
condotta con calma e in piena indipendenza di
giudizio. Con l'avvento della cultura greca il
suo valore aumenterà per la capacità
dell'essere di porsi domande sia su ciò che
non sa, sia sulla giustezza di quanto gli è stato
trasmesso.
CONSTANTIA
Fermezza, costanza, tenacia, forza d’animo,
coerenza, la salda perseveranza, la stabilità di
un comportamento e di una virtù etico-politica
tipicamente romana. Questo valore accoppiati
con gravitas svolsero un grande ruolo nella
storia e nel successo del popolo romano.
Constantia permetteva di tenere i Romani
concentrati e attivi nei momenti di grande
turbolenza e devastante sconfitta, come ad
esempio la campagna di Annibale Barca, in
poche parole il valore del non arrendersi mai.
CULTUS
E' l'osservanza obbligata e la corretta
esecuzione delle rituali alla divinità. Le pratiche religiose romane sono state orientate più verso la corretta
esecuzione di riti che sui sentimenti della persona. Gli Dei sono lieti se i riti vengono fatti con attenzione dai
romani e perciò questi sperano di ottenere favori con l'esecuzione corretta di sacrifici e formule rituali. Peraltro
gli Dei non chiedono di essere amati nè di sacrificarsi per loro, e le donazioni non sono mai fioretti per
ingraziarsi gli Dei, ma sempre per grazia ricevuta, cioè dopo e non prima, che trattasi di un'epigrafe, un'ara o
una statuina, si specifica che il Dio in questione si è comportato bene col questuante, pertanto è stato
ringraziato con l'oggetto.
L'idea del buon comportamento del Dio farebbe rabbrividire le religioni monoteiste, dove si parla di amore
verso Dio ma da schiavo a padrone, per cui tutto ciò che Dio fa (o si crede faccia) va bene, sia pure una
catastrofe o far morire un congiunto, perchè Dio può colpire semplicemente per mettere alla prova. Per gli
antichi romani se accadeva una catastrofe naturale gli Dei erano scontenti, se si perdeva una battaglia si
chiamavano in causa altri Dei o si moltiplicavano le offerte, mai si pensava a una punizione divina. L'uomo non
doveva sopportare ma intervenire e cambiare le cose. Col cristianesimo si avrà una totale passività che sarà la
causa principale della caduta dell'impero.
DECORUM
Decoro, decenza ciò che si addice a una determinata persona. dai vestiti, alla tavola, al modo di trattare
familiari e servi, o la casa in cui abitare, su certi aspetti simile alla Nobilitas.
DISCIPLINA
Disciplina, educazione, formazione civile e militare del cittadino. Disciplina è per il romano fondamento
indispensabile dello Stato, che si mostra con rigidezza militare in tutti i campi della vita.
EXEMPLUM
Esempio, modello. È il valore costituito da un’azione gloriosa compiuta da un antenato, che si ha il dovere di
imitare e moltiplicare. Oppure il comportamento glorioso di un imperatore o di un generale. Quando i fanti di
Cesare protestarono in battaglia perchè i cavalieri erano molto più protetti di loro sulle cavalcature, Cesare
smontò da cavallo obbligando tutti i cavalieri a fare altrettanto. I fanti si gettarono allora con entusiasmo nella
battaglia, tanto era stato il potere dell'esempio da parte del loro generale.
HONOR
Onore cioè la posizione onorifica dopo un dato gesto legato alla virtus e alla gloria.
INDUSTRIA
Attività, operosità. Il termine designa il valore che spinge l’uomo politico alla zelante collaborazione nell’ambito
dello Stato.
LIBERTAS
Libertà. atteggiamento libero fuori dagli artifici che fronteggia con fermezza qualsiasi situazione esterna. Tipico
dell'aristocrazia.
MAGNITUDO ANIMI
Grandezza d'animo, l'atteggiamento distaccato e grandioso con cui il cittadino (soprattutto il nobile) che invece
di pavoneggiarsi è cordiale, disinvolto e tranquillo nei rapporti con gli altri.
NOBILITAS
Rappresenta in senso astratto l’aspirazione ad essere degni delle virtù degli antenati.
PUDOR
Pudore, moralità, la riservatezza del cittadino romano che preferisce parlare di certe cose in privato piuttosto
che in pubblico oltre a designare la castità e la dignità, in correlazione anche con la modestia.
RELIGIO
Non è la religione nel senso moderno della parola, ma il termine è legato al verbo latino religare ( "legare"), il
legame tra la divinità e i mortali. Questo legame è collegato alla pratiche religiose e le usanze dei Romani, che
devono onorare la divinità attraverso le osservanze religiose, nel tentativo di mantenere una pax deorum ( "la
pace degli dèi"). In conformità con il sostantivo, l'aggettivo religiosus diventa un'esaltazione della pratica
religiosa, fino alla superstizione, la quale d'altronde è caratteristica di quasi tutte le religioni odierne, religione
cattolica compresa. Secondo i Romani la religio è una parte necessaria della vita, in modo da mantenere
l'ordine e la normalità nella comunità o in misura maggiore, nel mondo, ma non si deve esagerare, il buon
padre di famiglia è pius, ma senza indulgere al misticismo, caratteristico degli orientali.
La motivazione non risiede sui valori moderni giudaico-cristiani, legati ai doveri e al senso di colpa, ma sono
basati sull'ottenimento della benevolenza degli Dei attraverso riti e sacrifici animali. Una specie di "do ut des",
dove l'essere umano conta qualcosa rispetto agli Dei, mentre il prostrarsi e l'umiliarsi è una caratteristica delle
religioni orientali. Il romano mantiene sempre una sua dignità, di fronte agli Dei e all'imperatore.
Per garantire una vittoria si fa la promessa di un tempio a una divinità, o nella speranza di alleviare le difficoltà,
i membri della comunità di fanno sacrifici. Livio implica questa necessità nella sua descrizione della cattura
della Dea Giunone (sotto forma di statua) da Veio. Livio rileva che si è contro la religio degli Etruschi se si
tocca la statua a meno che non sia un membro del sacerdozio a farlo o chi lo è diventato per eredità. I soldati
romani a loro volta, sono senza macchia, se non onorano la Dea e si astengono dal farlo fin quando non
giungono a Roma. Questo non è legato alla pietas e la sua moralità intrinseca, ma è correlato al concetto di
cultus.
LA CULTURA ELLENICA
Successivamente a Roma vennero esportati i valori ellenici, come cultura. arte e filosofia. Il romano è per
l'azione, la razionalità, la fedeltà alla patria, l'onore agli Dei, la vita frugale e il disprezzo per la morte. I greci si
pongono domande sull'universo e sugli uomini, e fanno della mente uno strumento così raffinato da far
diventare il pensiero una piacevole ginnastica della mente. Il ben ragionare fa ben parlare, e la retorica è un
ulteriore godimento, per cui l'otium non è, come lo giudicano i romani, un imbelle far nulla, ma è un esercizio
della mente che arricchisce e dà diletto. La saggezza non viene tanto dai costumi quanto dalla ricerca, la
ricerca porta all'innovazione e l'innovazione varia i costumi. Così i mores rischiano l'invalidazione ad opera
della cultura greca.
Da Tito Maccio Plauto, Terenzio, che lo considera suo maestro, si ispira nelle sue opere teatrali riportando i
valori ellenici aggiungendovi però anche valori morali, compresi quelli dell 'Urbanitas. Grazie al Circolo degli
Scipioni, a Pacuvio, ad Accio, ai poetae novi e alla satira di Lucilio fino a Lucrezio nel I se.o a.c. che fa
conoscere la dottrina epicurea alla plebe, la cultura greca con la sua etica e i suoi modelli fanno breccia a
Roma.
Dà il suo contributo anche Catullo coi suoi carmen caratterizzati dalla ricerca dell'amore e della voluptas
sottraendosi ai doveri e agli interessi propri del civis romano, dove assumono importanza i sentimenti personali
e non l'interesse e il benessere della collettività. Ed anche Properzio che rifiuta il mos maiorum e i valori della
civitas preferendo un'esistenza dedicata all'amore utilizzando l'elegia.
LA CONTROCULTURA ELLENICA: CATONE
Roma fu sempre influenzata, anche se limitatamente, dalla cultura greca, ma quando vennero a contatto con la
loro cultura, gli studiosi romani impararono la dialettica, la filosofia, la logica e queste furono applicate al diritto,
un diritto che ormai, grazie all'influenza greca, si stava man mano trasformando da tradizionalista, con i riti e
costumi romani, a ragionato e pratico: la nascita dei vari ius civile, ius gentium, ius honorarium nati dallo studio
dei giuristi e dai loro pareri sui casi concreti da cui scaturisce del diritto più pratico e lontano dai tradizionalismi.
A questo ambiente ellenizzante, si oppone la figura di Catone il censore il quale dal 184 a.c. si presenta come
campione delle antiche virtù romane contro il degenerare dei costumi e le manie di protagonismo ispirate dal
pensiero greco. Catone, a favore dei valori antichi romani, farà anche varie opere che ne esalteranno le
caratteristiche: il De agri cultura in cui si danno dei precetti per il giusto comportamento di un proprietario
terriero (pater familias) da una parte come attività sicura mentre dall'altra l'attività di soldato cioè espone le
caratteristiche che doveva avere un buon cittadino-soldato che si doveva basare su virtù come la parsimonia,
duttilità e industria valori tipici anche della precettistica dei mores maiorum nel tempo successivo.
Dal sito http://www.romanoimpero.com/2012/06/i-valori-della-romanita.html

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